L’Etna è casa sua e ne conosce alla perfezione ogni sfumatura. Paolo Alberati è stato e continua ad essere il personaggio che più di tutti, nel tempo, ha dato maggiore lustro ad un luogo magico ed unico al mondo. Dagli stage al Parco Ciclistico dell’Etna alla Vittoria Etna Marathon, se cercate il modo migliore per affrontare “a Muntagna” allora non dovete fare altro che seguire i suoi consigli. Il 15 settembre è ormai alle porte e la 18^ edizione della Marathon più bella del sud Italia sta per arrivare, sono già 600 gli iscritti e tutti cercheranno di prepararla al meglio, perchè la Vittoria Etna Marathon non si improvvisa. Dopo in consigli del vincitore della scorsa edizione, Pierpaolo Ficara, su come settare al meglio la propria mountain-bike , abbiamo chiesto a Paolo Alberati le attenzioni da prestare all’alimentazione e l’idratazione.

Conosci l’Etna Marathon ormai come le tue tasche, quali sono gli aspetti più critici nel doverla affrontare?

“L’Etna Marathon è una prova esigente che con quasi 80 chilometri e 2700mt di dislivello chiederà addirittura ai più bravi 4 ore di pedalata, questo significa che la gestione delle energie spese, ma soprattutto di quelle da reintegrare, diventa complessa per tutti. Pensate che un peso piuma come Emanuele Spica (59kg) lo scorso anno, secondo al traguardo, consumò in gara 3380 kjoule, il corrispondente di 6.8 piatti di pastasciutta. Un atleta di 70 kg ne consuma almeno 500 in più (un altro piatto di pasta). Questo ha comportato una ingestione di almeno 1600 kjoule nel corso della gara, circa 400 per ora, ossia 100 grammi di carboidrati per ogni ora pedalata”.

I dati di Emanuele Spica

Dalla prima tua partecipazione all’Etna Marathon da atleta ad oggi com’è cambiato il modo di alimentarsi in corsa?

“Io ho partecipato da atleta la prima volta nel 2011, chiudendo terzo in 3ore 13 minuti, in un percorso un po’ più breve di quello attuale, ma ricordo che ci alimentavamo “a caso”, privilegiando pezzi solidi (piccoli panini al latte o barrette) nella prima parte, per poi lasciare solo i liquidi nella seconda parte. Oggi tutta la alimentazione dei bikers avviene in forma liquida o polveri comunque disciolte in acqua, calibrata con l’obiettivo di equiparare le calorie introdotte a quelle spese. Oggi rallenti magari nel finale perché le gambe non ce la fanno più, perché non abbastanza allenate, ma non vai in crisi di fame. Non dico 14 anni fa ma anche solo 5 anni fa le crisi di fame (deficit calorico introdotto) nelle prove Marathon erano ancora la normalità”.

Gli aspetti da attenzionare di più nell’alimentazione?

“Nell’alimentazione di una gara, come già spiegato, prima di tutto è da attenzionare il consumo calorico previsto e quindi l’equilibrio con il reintegro pre e durante la gara. Per questo rimane importante il carico di carboidrati nei due giorni precedenti fino a pochi minuti prima della partenza (anche nutrendoci super-bene comunque lo stoccaggio calorico nel glicogeno muscolare ed epatico non supera le 2000-2500 Kcal) , rimanendo comunque leggeri nelle ultime tre ore prima del via (sufficiente sgranocchiare una barretta tra l’ultimo pasto che può essere di riso/avena o pane con marmellata ma leggero e la partenza) per poi dedicarsi in gara alla ingestione di calorie in carboidrati nella forma liquida, per facilitarne l’assimilazione e non disturbare l’afflusso di sangue al muscolo con processi digestivi complessi”.

Quali sono gli errori più comuni da evitare?

“Gli errori più comuni da evitare sono normalmente il pretendere di introdurre tante calore tra vigilia e giorno della gara in corpo, senza che questo sia abituato a utilizzarle. Per intenderci: non ha senso allenarsi a basso tenore calorico, abituare il fisico a utilizzare non più di 30-40 grammi di CHO ogni ora di allenamento e poi pretendere che questo accetti l’ingozzata del giorno della gara e assimili così tante calorie senza che sia mai stato “allenato” a farlo. Quindi il consiglio è quello di iniziare ad aumentare il tasso calorico già in fase di preparazione, adeguandolo al dispendio tipico del giorno della gara. Inoltre fondamentale è la scelta della tipologia di combinazione di zuccheri da usare in gara, ma qui il discorso si farebbe troppo lungo su numeri e formule: per intenderci però, usando carboidrati sbagliati o in quantità esagerate, il rischio più frequente è quello di portare il corpo al rifiuto e quindi a dissenteria conseguente. Ricordate l’olandese Dumoulin in maglia rosa al Giro d’Italia 2017…?

Quindi è definitivamente tramontata l’epoca di una integrazione “naturale” con banane, frutta secca e acqua?

“Assolutamente no, specialmente se ci si cimenta sul percorso Marathon senza alcuna velleità di classifica e ci si accontenta di terminare la prova (che già è per molti una impresa notevole) senza l’assillo del cronometro. Allora in quel caso certamente può essere utile portare in tasca anche le classiche banane, crostatine e magari un po’ di frutta secca, così come in passato <ad libitum> ma senza certamente la sicurezza che vi bastino le calorie introdotte e che soprattutto mantengano un livello di glicemia costante durante tutto il tragitto. Ma d’altro canto è anche vero che venti anni fa si viaggiava in auto inquinanti e rumorose, mentre oggi si prediligono quelle Euro 7 green addirittura elettriche, parimente veloci e silenziose, ma soprattutto efficienti. E quelle di una volta le chiamiamo <auto d’epoca>…”.

E l’acqua?

“Quella più se ne beve e meglio è, per chi discioglie carboidrati in polvere in acqua vi è addirittura il doppio vantaggio che in pratica mentre ci si idrata bevendo, ci si nutre anche di calorie di carboidrati. Mi preme però infine parlare di un ultimo errore imperdonabile da non commettere, e che per me è veramente insopportabile: ossia quello di gettare carte e residui dei nostri incarti a terra, da ultimo perché se si è visti dalla giuria si viene immediatamente estromessi dalla gara. Ma questa è solo l’ultima delle ragioni per le quali non è tollerabile ancora nel 2024 assistere a comportamenti del genere, perché è ben più grave deturpare il giardino comune che sono i terreni dei nostri percorsi di fuoristrada, tra i quali quello dell’Etna rimane sempre uno dei più affascinanti, senza rendersi conto del danno che si arreca a tutta la comunità e soprattutto all’ambiente che ci chiede solo di essere usato ma non abusato, rispettato ed amato e non tradito”.