Ho perso il conto delle volte che sono salito al Miserin negli anni passati: è una delle gite più conosciute e frequentate, però ci ritorno sempre volentieri, specie fuori stagione, lontano dal clamore assordante delle giornate agostane del turismo mordi e fuggi.

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Sino a qualche anno fa – sono vecchio e ho perso un po’ il conto – il Miserin rappresentava per me il congedo stagionale dall’alta quota, una specie di “classica delle foglie morte” per parafrasare l’aggettivo con cui viene dipinto il Giro di Lombardia, appuntamento conclusivo della stagione professionistica.

Con questo spirito oggi ritorno in Val di Champorcher: l’autunno è alle porte, anche se in tal senso non vi sono ancora indizi a suo favore, anzi!!  Le temperature sono quasi estive e soltanto in quota i prati cominciano a tingersi di giallo.

Arrivo così a Champorcher dove  tutto è ancora verde e rigoglioso, solo l’aria pungente del mattino mi ricorda che siamo ad ottobre: salgo con calma lungo la strada che porta verso la conca di Dondenaz, ed ho tutto il tempo per scorrere le immagini di questa fantastica stagione in mountain bike che mi ha regalato tante soddisfazioni.

Sarà questa l’ultima gita? Chissà, certo che i progetti non realizzati sono sempre tanti, così come la voglia di metterli in pratica, però è anche giusto staccare un po’ la spina. Vedremo…
Poco da dire sulla gita, sarebbe un insulto alla vostra intelligenza spiegarvi come si arriva al Miserin: però oggi ho scoperto una gustosa variante di discesa, quella magari ve la accenno perché potrebbe piacervi.

Dunque siete arrivati al Lac Miserin, avete fatto la pennichella a bordo lago, mangiato, bevuto, osservato le donzelle semi ignude che prendono il sole.

Avete il problema di scendere: non vorrete mica ripercorrere la noiosissima strada sterrata con cui siete risaliti? Noooooooooo, quella lasciamola agli amici XCountrysti!!! Allora costeggiate per qualche centinaio di metri la sponda sinistra del lago, vi troverete ad un bivio ben indicato: il sentiero da percorrere è il N.7 ed è la quint’essenza del divertimento.

Permette di ritornare a valle stando alti rispetto alla via di salita, sotto alle pendici del Mont Rascias: è piuttosto facile tecnicamente, salvo alcuni brevi punti tormentati dove magari bisogna posare il piedino a terra.

Al termine del traverso (dopo essere transitati sotto alla linea dell’elettrodotto SuperPhoenix) ci si affaccia sulla conca di Dondena e si inizia a scendere con più decisione (prestare attenzione ad un punto scabroso in cui si deve traversare una placca di rocce montonate). Solo gli ultimi metri del sentiero sono difficili, per il resto si fa tutto in sella e nell’ultimo tratto divertentissimo si può scendere in picchiata tra i prati, piuttosto che andare ad intercettare la banale sterrata che sale verso il Vallone dei Banchi. Siete così ritornati al rifugio Dondena: tutta qui la variante di discesa? Beh, in effetti non era poi così difficile scoprirla…

Però quella che vi racconto adesso forse è un po’ più pepata. Dunque avete fatto una doverosa sosta al rifugio, vi siete rifatti gli occhi alla vista delle numerose donzelle scansafatiche impegnate nella tintarella. Bene, scendete lungo la strada sotto al rifugio e raggiungete la Casa dei Pastori (non potete confondervi, è quel grosso edificio con tanto di insegna sulla porta). State alti sul prato alla vostra destra, attenti perché non c’è nessun segno, dovete fidarvi ciecamente: ben presto comincerete a notare una bozza di sentiero, siete sulla strada giusta, seguitelo prestando attenzione, non è facile come quello che avete appena percorso e richiede una buona tecnica. E’ selvaggio, poco o niente battuto, ci sono tratti rocciosi, tratti più filanti, ostacoli, ponticelli: freeride insomma, nella più pura accezione del termine!

Se siete riusciti a mantenere la traccia arriverete dopo una ripida discesa al ponte della Maddalena, dove incontrerete la strada reale che sale da Champorcher. Una breve risalita e le vostre fatiche e difficoltà sono terminate: non vi resta che lasciarvi trasportare a valle lungo la bella ed ampia mulattiera (in alcuni punti sapientemente restaurata, piacevole sorpresa, me la ricordavo molto più scassata). Dopo alcuni tratti ripidissimi ma privi di difficoltà giungerete a Chardonnay, alla partenza degli impianti di risalita.

Testo e foto di Fabrizio Godio