Si tratta di un itinerario abbastanza impegnativo, sia sotto l’aspetto fisico che tecnico. Decisamente consigliabile una bici dalle escursioni generose per poter godere maggiormente dei tratti tecnici in discesa.
Dal parcheggio del “Bowling” alla periferia di Serravalle Sesia si raggiunge su asfalto prima la frazione di Piane Sesia e poi quella di Quazzo dove inizia lo sterrato (sent. 704) che subito ripidissimo risale i fianchi della Pietra Groana, storica parete di arrampicata del CAI di Novara.
La salita è di quelle da togliere il fiato, specie nella sua parte iniziale, e in alcuni punti va percorsa a piedi, o almeno io così l’ho interpretata. Per fortuna risalendo la situazione migliora decisamente e dopo aver incrociato il bivio del sentiero che porta alla parete di arrampicata (c’è anche un piccolo rifugio autogestito) in breve si raggiunge la Bocchetta di Chignole dove si intercetta l’ampio tagliafuoco segnavia 700 che preso a destra in salita si dirige verso la Bocchetta Ovasine.
Dopo un breve tratto di salita si scollina e si affrontano alcuni tornanti ripidi in discesa: prestare attenzione, nei pressi di un tornante, all’inizio del segnavia 704 ben segnalato sulla sinistra. Si tratta del sentiero dei “Morti in Brenta”, che dopo un bellissimo tratto flow illusorio diventa via via più tecnico e fortemente rovinato dall’azione erosiva delle acque.
Si giunge nei pressi di un’ampia zona calanchiva tipica delle terre rosse, e con un’ultimo ripido tratto a tornantini scassati si attraversa il torrente su un’esile ponticello per poi risalire pochi metri a piedi sino ad incontrare la sterrata 706 che collega Sostegno alla Bocchetta ovasine (ed è la variante XC che consiglio come alternativa a chi non se la sente di percorrere il ripido sentiero). Senza alcuna difficoltà si arriva alle porte di Sostegno.
Ora dopo un tratto asfaltato che attraversa le belle vie del paese dobbiamo affrontare l’erta salita verso la chiesa di Sant’Emiliano, segnavia 709. La prima parte è un’ampia sterrata che seppur ripida può essere affrontata in sella grazie all’ottimo fondo: raggiunto un breve tratto pianeggiante le cose si complicano e difficilmente si riesce a stare in sella, complici le pendenze proibitive ed il fondo brecciolinato.
Sicuramente la ciclabilità finisce nei pressi di uno spiazzo che segna il termine della carrabile, dove parte la teleferica di servizio alla chiesa. Si deve ora affrontare un ripido sentierino piuttosto tormentato, che consente comunque di accompagnare la bici abbastanza agevolmente per i circa 100 metri di dislivello che ci separano dal colle di Sant’emiliano q 749, dominato dall’omonima ed austera chiesetta in posizione panoramica.
Con la chiesa alle spalle si prende il sentierino di dorsale che affronta un primo tratto roccioso e giunge al bivio con il sentiero 705 sulla destra per Serravalle. Noi proseguiamo sul 709 per Bornate: dopo un bel tratto flow nel bosco ci attende una ripida e tecnica discesa sino al passo Salaroli (sulle carte segnalato come Bassa Gavazzetti) q 617 mt.
Iniziano le sofferenze: se è stata dura spingere la bici per giungere a Sant’Emiliano qui la fatica aumenta considerevolmente, perché il sentiero è ripido e malagevole e segue la linea di cresta con percorso ondulato sino a giungere alla Colma Vasselloni q 753 metri, max elevazione della giornata.
E’ un tratto veramente ripido ed estenuante, ma la fatica della salita viene ben presto ricompensata quando si imbocca lo splendido e fluido trail che dapprima in falsopiano e poi via via in discesa sempre più pronunciata nel bosco raggiunge una sterrata che va seguita a dx (segnavia 707). Ora si scende con decisione sul tipico terreno rossastro e dilavato delle Terre Rosse sino a giungere alla Cappella del Cappone in una amena radura boschiva.
Senza difficoltà alcuna si continua sull’ampia sterrata (in questo periodo di forti piogge assomiglia di più ad un torrente) che con pendenze minime arriva ad un bivio: continuando sul 709 alla nostra sinistra si giunge in breve alla periferia di Bornate Sesia, e da qui comodamente per asfalto a Serravalle ed al parcheggio.
Testo e foto di Fabrizio Godio