Heido non è il maschile di Heidi, chiariamo subito: è una “bisse”, ovvero un canale di irrigazione costruito dai contadini vallesani per convogliare l’acqua dei ghiacciai a scopi irrigui. La nostra bisse, dal nome così poetico, serpeggia pianeggiante per svariati chilometri in una valle dimenticata e di non facile accesso: la Nanztal…
Oggi sarà una giornata molto lunga e faticosa, lo so. Ieri sera, davanti al pc e studiando le precisissime carte svizzere, ho calcolato un dislivello di circa 1500 metri: decisamente tanti per il mio scarso allenamento in bici, però in fondo sono in ferie e non mi corre dietro nessuno. La prenderò con filosofia… E di filosofia se ne deve sorbire parecchia, perché da subito si spinge, dopo appena un chilometro dalla partenza al Simplon Pass. La salita al Bistine Pass è di quelle che ingannano: pendenza poca, ma il fondo è troppo discontinuo per riuscire a stare in sella. E poi, diciamolo francamente, è ridicolo fare giochi di equilibrismo per procedere a 4 km/h. Meglio usare il sano cavallo di San Francesco, tanto di spazio per la bici a fianco ce n’è…
Dopo queste elucubrazioni filosofiche arrivo in poco più di un’ora al Bistine Pass: la giornata è discreta, anche se nuvoloni scuri stazionano sulle cime più alte, in compenso non c’è vento, compagno sovente di gita al Sempione.
Al Bistine arriverò alla fine del giro, per cui non mi fermo e – indossato il casco, mi fiondo su un bellissimo single track che mi porterà nella Nanztal. Prima libidine della giornata: discesa fantastica e tutta pedalabile, in un lampo si bruciano 400 metri di dislivello.
Il single track ben presto lascia posto, nei pressi delle baite di Grosse Lager, ad un’ampia strada forestale che entra nel bosco e raggiunge il fondovalle della Nanztal presso Mattwe, mt 1826. Si attraversa il torrente Gamsa su un ponticello e si comincia la salita verso il Gebidum Pass: crudelissima, pendenze assassine e nemmeno un tornante, però il fondo è perfetto e si riesce a pedalare, sempre a velocità ridicole naturalmente… Le nuvole nascondono le cime dell’Oberland, però ogni tanto il Bietschorn fa capolino: arrivo sbuffando al Gebidum Pass, brulicante di placidi turisti, verso le 11.
Potrei rilassarmi un attimo sulle rive del grazioso laghetto, ma ci ero già stato 3 anni fa, in autunno, quando ero salito da Gspon per poi percorrere tutta la Nanztal in discesa verso Brig. Oggi invece mi attende l’Heido: timone (pardon, manubrio…) verso sud ed eccola, finalmente, la famosa “bisse” Heido. Corre placida e sorniona a fianco di un sentiero perfettamente ciclabile che taglia il fianco della montagna senza vederne la fine: la Nanztal è lunga, molto lunga, fortuna che si pedala…
Penso a quanto lavoro e fatica deve essere costata questa “bisse”, generazioni di alpicoltori vallesani nei secoli ne hanno curato (e curano) la manutenzione, per garantire acqua preziosa per i pascoli e gli animali.
Dopo aver oltrepassato una bellissima baita, in cui sicuramente ha abitato Heidi, le condizioni del sentiero peggiorano: le numerose frane lo hanno un po’ malridotto, alcuni passaggi stretti attrezzati, che in bici richiedono molta attenzione (è un attimo precipitare a valle), poi arrivo al capolinea, ovvero alla testata della Nanztal. Ora si deve salire decisamente, su terreno da scarponi, non certo da bici. La bici è in spalla, e faticosamente raggiungo il pianoro terminale della Nanztal, che ospita un delizioso laghetto punteggiato di eriofori.
La lingua sofferente del ghiacciaio Gamsa, che si origina dalla Sengchuppa, è proprio di fronte a me, circondata da un caotico ammasso di pietroni. La cima invece è immersa nelle nuvole, che sembrano beffarsi dei miei sensi visivi: ora il timone volge a nord, dalla parte opposta della valle, ma la situazione peggiora. Il fondo è decisamente pessimo, si trascina la bici faticosamente in un susseguirsi di saliscendi: quando ti illudi che questo stillicidio sia finito, ecco un altro micidiale tratto di salita a spinta.
Barcollando arrivo al bivio per la Sirwolte Sattel, ed è la fine di un incubo: ora si pedala, eccome… Non mi sembra vero, ed allora via, le ruote filano veloci sul sentiero che mi riporta al Bistine Pass.
Una pausa me la sono proprio meritata, il cielo è ritornato azzurro e una leggera brezza mitiga la calura. Non mi resta che scendere, e sarà un’altra discesa spettacolare, quasi interamente pedalabile, purtroppo funestata alla fine da un incidente meccanico: un sasso trancia di netto il forcellino del mio cambio posteriore, un sinistro tintinnio di ferraglia mi avverte che per oggi non si pedala più.
Fortuna che sono in fondo, devo solo mestamente percorrere a piedi gli ultimi 100 metri di dislivello per risalire verso il Passo.
Come un guerriero con il proprio cavallo ferito, ripongo la bici in macchina alle tre del pomeriggio, dopo 7 ore di fatica.
Vi chiederete chi me l’ha fatto fare, vi risponderei che non lo so, però lo rifarei…
Testo e foto di Fabrizio Godio