Con la trasferta di Whistler speravo di trovare le risposte alle tante domande che avevo in testa. Essendo stato assente nelle ultime tre gare dell’Enduro World Series, le più importanti erano: sarò ancora competitivo? Resterò relegato nelle retrovie della classifica o sarò in grado di ritornare a competere con i migliori?
Dalla partenza dalla Nuova Zelanda avevo con me tutta la mia famiglia, vale a dire il team Leov al completo e ciò è stato di grande aiuto per me. Il volo di tredici ore da Auckland a Vancouver con due bambini piccoli era la prima sfida, anche se in realtà è andato tutto liscio. La nostra avventura canadese si presentava sotto i migliori auspici.
Arrivato una decina di giorni prima dell’evento, ho avuto tutto il tempo per ambientarmi e preparare la gara al meglio. Ho lavorato parecchio sul setup della bici per adeguarla ai percorsi particolarmente sconnessi, intervenendo in particolare sulle sospensioni. Per la prima volta ho provato un ammortizzatore a molla e mi sono subito trovato bene. Durante gli allenamenti ho potuto rendermi conto di quanto fosse accidentato il tracciato e di conseguenza ho deciso di portare la mia Rock Shox Lyrik a 180 mm di escursione.
Serviva anche una strategia per gestire al meglio l’unico stop autorizzato presso l’assistenza tecnica durante la gara. Avevo deciso di usare questo jolly per aumentare la pressione delle mie gomme prima della quinta e ultima Speciale. Avrei dovuto quindi assicurarmi di non avere bisogno di supporto tecnico fino alla fine della quarta prova cronometrata.
Il giorno della gara faceva caldissimo, durante le salite sentivo il calore irradiarsi nel mio casco. Un ringraziamento particolare va a tutta l’organizzazione per aver predisposto abbondanti rifornimenti di acqua lungo il percorso, cosa che non sempre avviene. Per noi piloti fa una grande differenza. Altra nota positiva, con il nuovo Sram Eagle, le salite si sono rivelate molto meno impegnative. Inizialmente ero scettico sull’utilità di avere dodici rapporti, ma fin dalla prima salita ho dovuto ricredermi. Durante i lunghi trasferimenti in salita ho potuto mantenere i battiti cardiaci tra 130 e 135 al minuto nonostante il caldo.
Nei lunghi e impegnativi allenamenti ho avuto più volte dolori agli avambracci. Non avendo fatto gare per diversi mesi sapevo che sarebbe stato un mio punto debole, ma speravo di farcela in qualche modo. Le Speciali 1 e 2 si sono rivelate le peggiori in questo senso e nella parte finale di entrambe ho dovuto veramente tenere duro per arrivare fino alla fine. Le Speciali 3 e 4, più corte, erano sollecitati meno gli avambracci, mentre nella 5 il tracciato mi ha permesso in varie sezioni veloci di lasciare correre la bici senza impegnare troppa forza.
Sono stato soddisfatto di com’è andata la mia giornata. Sebbene non abbia potuto mantenere sempre il ritmo che avrei voluto, sono stato contento di come sono riuscito ad interpretare il percorso e di come ho gestito i rischi. Nel mio approccio alla gara sono stato aiutato da Fabien Barel, che aveva raggiunto il team per correre lui stesso. Avevamo analizzato insieme le registrazioni video del percorso e ciò mi ha aiutato a memorizzare meglio le varie sezioni. È molto interessante notare il diverso approccio di ciascun pilota, abbiamo tutti le nostre forze e le nostre debolezze e imparare da una leggenda come Fabien è stato utilissimo.
Ritornare alle gare dopo tanto tempo e piazzarmi al decimo posto è stata una soddisfazione immensa e ne vado molto fiero. Significa che sto andando nella direzione giusta, dopo una lunga serie di problemi di salute. Sono consapevole di quanto ancora devo fare per recuperare al cento per cento, ma so di essere ancora veloce, sono mentalmente forte e provo ottime sensazioni sulla bici. Cosa chiedere di più ?!
Grazie al team Canyon e alla adidas Sport eyewear per il loro sostegno e per rendere questo diario possibile.
Un grazie particolare va inoltre a Larry, il meccanico del team, per la fantastica manutenzione alla mia bicicletta durante questa settimana. Con tutte le modifiche che ho voluto ha avuto tanto da fare, ma non ha mai perso la calma!
Justin
(Photo credits: Ale Di Lullo)