Dopo 10 titoli mondiali master (l’ultimo nella stagione appena conclusa), 5 europei e 40 titoli nazionali fra mountain bike, strada e pista, è venuto il momento per Silvano Janes, a 60 anni, di dire stop alle competizioni. Non sarà comunque un vero e proprio addio alle due ruote, come ci ha assicurato lui stesso in questa intervista.

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Età: 60.

Vive a: Povo (TN)

Musica preferita: Nomadi, cantautori anni 70.

Hobby: ciclismo e basta.

Percorso preferito: un percorso off-road che da Povo attraversa tutta la Marzola ovvero la montagna sul lato est di Trento e con scorci panoramici sui laghi della Valsugana.

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MTB-VCO: Ciao Silvano, iniziamo col raccontare ai nostri lettori quando hai cominciato ad andare in mountain bike.

Silvano Janes: Ho scoperto la mountain  bike ai primordi di questo sport, nel 1988. All’inizio non c’erano nemmeno le forcelle ammortizzate e si era alla continua ricerca di soluzioni tecniche che permettessero una guida più agevole specie nel percorsi in single-track. A quel tempo ero stato convocato per la nazionale italiana e il mio compagno di squadra era Alessandro Paganessi, ex ciclista professionista dal 1980-1987 che a fine carriera si era dedicato alla mountain bike.

All’epoca esistevano le due categorie under 35 e over 35, ho partecipato ai mondiali del Ciocco nel 1991 e mi ricordo di aver ammirato la prestazione di John Tomac, un americano che sarebbe diventato un mito della mtb e che adottava soluzioni tecniche d’avanguardia. All’epoca aveva corso con la piega del manubrio da corsa, in seguito ho provato a imitarlo anch’io ma dopo poco tempo ho abbandonato quell’idea, perchè le mani sulla mountain bike non le mettevo mai. Al Ciocco arrivai 6° nella mia categoria, la over 35. Gli americani all’epoca erano molto più avanti di noi con i mezzi ed erano più abituati ad affrontare in bici le difficoltà del fuoristrada.

MBV: Parlaci della tua prima gara sulle ruote grasse.

SJ: La mia prima gara penso di averla corsa nel 1988 a Madonna di Campiglio. Avevano inventato una gara con formula rally con trasferimenti e tratti cronometrati e serviva piazzarsi a quelle gare per accedere ai campionati italiani. La formula rally nelle gare di mountain bike che viene proposta anche recentemente non è quindi una novità.

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MBV: In tutti questi anni secondo te cosa è cambiato nell’ambiente delle gare?

SJ: All’inizio eravamo dei pionieri e ci guardavano tutti con curiosità, si affrontavano le gare anche con molto spirito di avventura, progressivamente invece ha preso il sopravvento lo spirito competitivo e le gare assomigliano di più alle granfondo su strada. La legge dei grandi numeri ha portato sempre più ciclisti alle competizioni e anche i percorsi si sono adeguati alla massa.

Una volta questi erano più difficili e tutto era complicato dai mezzi che avevano escursione delle forcelle di pochi centimetri e pesavano una tonnellata!

MBV: Nel 2015 la conquista del Mondiale XCO Master di Andorra, pur non essendo stato il tuo primo successo iridato, ti ha regalato comunque delle emozioni. Ci racconti brevemente com’è andata la tua gara?

SJ: Conoscevo particolarmente bene il percorso di gara perché lo avevo studiato nei giorni precedenti. In discesa era particolarmente tecnico, infatti era lo stesso studiato per gli atleti “veri” ovvero i professionisti delle categorie open. In salita il biker francese mi ha dato particolare filo da torcere perché anche se forzavo resisteva alla mia progressione, ma in discesa l’ho “sverniciato”. Sono sempre stato un buon discesista e il mio maestro è il noto biker pluricampione italiano Martino Fruet col quale mi alleno spesso, anzi penso che a forza di fare discesa “a tutta” abbiamo migliorato entrambi la nostra tecnica.

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MBV: Cosa si prova a 60 anni a battere atleti che hanno la metà della tua età?

SJ: Niente di particolare, quando metto il casco e parto con la mia bici non ho più età, anzi ti dirò di più: “l’età in quei momenti si dimezza proprio!”. Sulla mia bike bardato come un guerriero mi sento invincibile, un ragazzino pieno di energia, e penso solo a godermi l’attimo e l’adrenalina del momento. La bici fa parte della mia vita, mi da energia e mi fa vivere bene le mie giornate.

MBV: Normalmente quanto tempo dedichi all’allenamento?

SJ: Esco in bici 5/6 volte alla settimana, sempre ovvero praticamente tutto l’anno per 2-3 ore al giorno,  dipende dalla voglia e dagli impegni professionali.

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MBV: Ci descrivi la bici che hai utilizzato la scorsa stagione?

SJ: Ho utilizzato una bici da 29″ da 8,5 kg con telaio Guerciotti in carbonio, gruppo SRAM con monocorona, forcella Cannondale, ruote Spada, una bici fantastica! Se penso alla mountain bike che avevo nel 1990 non posso che sorridere e pensare all’evoluzione tecnica che c’è stata. Era una Moser da 26” priva di sospensioni e pesava 12 kg…

MBV: A fine stagione hai annunciato il ritiro dalle gare. Come hai maturato questa decisione e quali saranno adesso i tuoi prossimi obiettivi?

SJ: Ho deciso di smettere con le gare perché è arrivata l’ora. Non ho mai corso per vincere la categoria ma per l’assoluto e visto che nel 2015 sono riuscito a vincere l’assoluto del Campionato Italiano in salita, l’assoluto di una gran fondo su strada ad Asiago ed infine il mondiale mtb ad Andorra, smetto in bellezza. Per il futuro, insieme a Martino Fruet e Paolo Alverà abbiamo realizzato una scuola mtb con bike park a Pergine Valsugana, dove mi dedicherò ai giovani cercando di insegnare loro quello che ho imparato in 37 anni di bici.

MBV: Grazie dell’intervista Silvano ed in bocca al lupo per i tuoi programmi futuri!

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