“Non vorrà mica scendere di lì, stia attento, è pericoloso…!!” Queste le parole rivoltemi da un signore all’inizio della mulattiera che da Vercio porta a Bracchio: la risposta è ovviamente “Sì”, del resto sono arrivato sin qui apposta! E la discesa è stata molto divertente, se si possiede un adeguato mezzo meccanico: oggi, poiché sono furbo, mi sono portato il frontino da 100 mm. Bel collaudo per le sospensioni, ma mi sono divertito egualmente.
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E’ la volta di andare a riscoprire luoghi vicini, e la gita di oggi ne è un classico esempio. Ad Ompio ci sono stato svariate volte, in bici durante il lavoro di censimento delle salite del VCO e più spesso a piedi, in quanto punto di partenza per belle gite nel Parco della Val Grande: da Ompio si va infatti a Corte Buè, a Cicogna, a Corte Lorenzo, o più semplicemente al Faiè, cima vicina e di grande valore paesaggistico. Mi mancava la traversata a Vercio: oggi colmo questa lacuna, anche se ho qualche dubbio sulla ciclabilità del sentiero che collega le due località. Alla fine però è andata meglio del previsto…
Ma andiamo con ordine: si parte da Verbania (o da Fondotoce nei pressi della stazione ferroviaria) e ci si dirige alla ben nota “crociera”, punto nevralgico della viabilità verbanese. Da qui si prende per Bieno e si segue fedelmente l’erta strada asfaltata per l’Alpe Ompio.
Arrivo ad Ompio abbastanza affaticato, siamo a fine stagione e le dure rampe lasciano il segno: la forma fisica è un lontano ricordo e bisogna centellinare le energie.
Dall’Alpe Ompio proseguo seguendo il ripido sentiero che porta al rifugio Fantoli del Cai di Pallanza: siamo a 1000 metri e la mia speranza per oggi è che di salita non se ne parli più.
Si ritorna ad Ompio dallo stesso sentiero oppure per un divertente single trail che porta ad un panoramico poggio sulle propaggini meridionali del Monte Faiè e che plana poi tra le baite proprio nei pressi dell’arrivo della strada.
Da qui si imbocca sulla destra l’esile sentierino erboso con le chiare indicazioni per Vercio: come supponevo è un sentiero “per intenditori”, la cui ciclabilità nel primo tratto è piuttosto ridotta e compromessa dai numerosi ostacoli che costringono ad un continuo sali e scendi di sella.
Si prosegue per un buon tratto a mezzacosta, con tratti anche di breve risalita e piuttosto esposti che richiedono la dovuta attenzione: tutte cose che contribuiscono ad aumentare il mio malumore per la scelta di oggi. Fortunatamente però la ciclabilità aumenta decisamente man mano che si comincia a scendere alla volta di Vercio, dove in corrispondenza di alcune belle baite in splendida posizione panoramica si lascia la mulattiera per Bracchio per proseguire la visita dell’eremo.
Vercio è frazione di Mergozzo: come recita un cartello posizionato all’ingresso della proprietà è un eremo, ovvero un luogo di solitudine e di meditazione. Mi aggiro blandamente tra gli spendidi e curatissimi prati, ancora verdissimi, sino a giungere ad un poggio panoramico da cui si gode una vista spaziale verso i laghi: la tranquillità regna sovrana, e se non fosse ormai tardi sarebbe davvero interessante fare una pausa “meditativa” crogiolandosi sotto i raggi di un sole ancora tiepido.
Rimane ancora da sbrigare la pratica discesistica. A tal proposito va detto che è aperta una gippabile che sale da Mergozzo e sbuca a Vercio proprio nei pressi del poggio panoramico: ma sarebbe un delitto scendere per una banale sterrata! Così, dopo una doverosa visita alla splendida e raccolta chiesetta, ritorno sui miei passi sino al bivio per Bracchio, dove incontro un tizio che fa di tutto per dissuadermi dallo scendere per la mulattiera, citando svariati e non ben definiti infortuni di malcapitati bikers. Lo ringrazio per le premurose attenzioni e dopo tutti gli scongiuri del caso eccomi impegnato nella splendida discesa.
La mulattiera è infatti un capolavoro architettonico, frutto del lavoro di chissà quante generazioni di alpigiani: perfettamente mantenuta, richiede perizia di guida e va affrontata a velocità adeguata, anche se non presenta mai tratti particolarmente ostici o pericolosi.
Certo affrontata con una bici di generose escursioni risulterebbe ben più divertente, ma nella fattispecie anche la mia frontina fa il suo dovere, grazie anche alle ruote da 29″ che assorbono bene le asperità.
La mulattiera conduce alle porte di Bracchio, splendido borgo dalle strette vie tra le case in sasso: i freni fumanti richiedono un ulteriore supplemento di lavoro per raggiungere Mergozzo, dove è d’obbligo una sosta nella caratteristica piazzetta sulle rive dell’omonimo lago. L’ora ormai tarda mi costringe a rientrare per la litoranea che costeggia il lago, rimandando ad una futura occasione il progetto di passare per Montorfano lungo il sentiero azzurro.
In conclusione, una gita breve ma intensa che richiede la massima concentrazione in discesa.
Testo e foto di Fabrizio Godio