Le Rive Rosse non deludono mai: ma da qualche tempo, scendendo lungo l’M41 – il mitico trail che porta alla diga delle Piane – avevo notato un bivio invitante sulla destra. La curiosità di esplorarlo è stata troppa ed oggi “sono andato a vedere” dove porta quella deviazione. Giro breve ma proficuo, merita approfondimenti ulteriori…
Se siete abituali frequentatori delle Rive Rosse probabilmente non vi sarà sfuggito, lungo la discesa dal sentiero M41 (il tratto più divertente e tecnico delle Rive), un bivio segnalato sulla destra, più o meno a metà percorso, al termine di un ripidone bello scassato. Bene, la mission odierna era proprio quella di scoprire dove porta quell’invitante sentiero.
Per una volta quindi tralascio l’invitante M41 e mi dirigo verso l’ignoto. In realtà era già da un po’ di tempo che mi era scappato l’occhio su quella deviazione. E non c’è voluto molto per scoprire che il bivio in questione porta a Soprana: si trattava dunque di disegnare un giro esplorativo che avesse proprio in questo sentiero il suo pezzo forte.
Grazie al bellissimo portale Cartografico della provincia di Biella eccomi dunque con una traccia bella pronta da seguire: punto di partenza prescelto il Mulino Sosta di Soprana, splendidamente restaurato e dotato di un ampio parcheggio.
Pochi metri di salita e si lascia subito l’asfalto per imboccare una stradella sterrata nei pressi di un tornante: sono fortunato, devo soltanto seguire i cartelli della Sopranissima, manifestazione di MTB organizzata dal Comune di Soprana che ha provveduto a posizionare un’ottima segnaletica a supporto dei biker e degli escursionisti. Davvero un’iniziativa lodevole! Il percorso – tipicamente XC – guada un torrentello e risale a toccare l’asfalto nei pressi delle frazioni di Vioglio. Seguiamo sempre le chiare indicazioni e lasciamo l’odiato bitume inoltrandoci sul sentiero M39 che entra nei boschi risalendo alla volta di Baltigati: con un ultimo e suggestivo tratto su pista forestale ci si innesta sulla strada asfaltata che collega Baltigati a Curino, toccando l’area attrezzata della Sella, sede anche di un rifugio alpino.
Si potrebbe qui fare un’interessante digressione verso Cima La Guardia, compiendone il periplo, ma non ho molto tempo a disposizione e pertanto proseguo su asfalto sino alla Colma, intercettando ben presto l’inizio del sentiero M33, primo godurioso trail della giornata, ben noto a chi fa il classico anello delle Rive Rosse.
Giungiamo alla chiesetta della Madonna del Sabbione e – dopo una breve risalita – eccoci pronti ad affrontare il mitico M41 che non ha certo bisogno di presentazioni (piccola digressione: la prima parte dell’M41 mi è sempre stata un po’ antipatica per il fatto di dover frequentemente salire/scendere di sella per superare alcuni strappetti feroci). Bene, casco ben allacciato e buttiamoci a capofitto lungo il trail, prestando attenzione alla famosa deviazione di metà percorso: qui giunto mi avventuro verso l’ignoto sentiero M35, ben marcato. Dopo un primo tratto pianeggiante si devono affrontare alcuni brevi strappetti di pochi metri che costringono a scendere di sella: ma per il resto il sentiero è molto bello e divertente, mediamente impegnativo.
Conduce in pratica nei pressi dell’immissario che si getta nel lago delle Piane e ne risale poi la sponda orografica sinistra con percorso divertente. Anche qui qualche breve tratto a piedi di pochi metri per superare qualche ostacolo naturale, ma la pace e tranquillità del luogo ricompensa ampiamente queste piccole interruzioni. Si sbuca sull’asfalto nei pressi della chiesetta dedicata alla madonna della Neve, seminascosta da un opificio industriale: con un ultimo e breve tratto di asfalto in salita si giunge ben presto al Mulino Sosta da cui siamo partiti.
Esplorazione compiuta, se volete per una volta tradire l’M41 sappiate che l’alternativa c’è ed è valida: da rilevare inoltre lo splendido territorio del comune di Soprana, che ha provveduto tra l’altro alla creazione di un bike park con percorsi permanenti che merita senza dubbio un approfondimento nelle prossime settimane.
Testo e foto di Fabrizio Godio