Mancavo da diversi anni dalla strada dell’Assietta, che di fatto è il percorso più conosciuto e frequentato delle montagne olimpiche valsusine e non ha certo bisogno di presentazioni. Ogni anno migliaia di biker, cicloturisti e purtroppo anche motociclisti e fuoristradisti solcano questa antica via militare: la prima raccomandazione che vi faccio è quella di avventurarvi su questo percorso fuori stagione oppure nei due giorni settimanali (mercoledì e sabato) in cui il traffico veicolare è vietato. La miriade di strade e sentieri che intersecano la direttrice principale che corre tra il Colle delle Finestre a nord ed il Col Basset a sud permettono di confezionare infinite varianti sul tema, più o meno difficoltose.
Uno stupido infortunio ad un dito e – perché no – la voglia di tornare a visitare questi bellissimi luoghi mi obbligavano a scegliere un itinerario non troppo impegnativo in discesa: un ottimo articolo di Toni Cavallo apparso sul numero di giugno della rivista CAI Montagne360 sembrava messo lì apposta per le mie esigenze…
E’ un percorso facile dal punto di vista tecnico, un classico cross-country dove i cultori del genere volano macinando rapportoni, incuranti delle pendenze di alcuni tratti, che proprio “friendly” non sono.
Ed il punto è proprio questo: per i “diversamente giovani” come il sottoscritto le difficoltà aumentano con il passare degli anni. E così anche la placida e rilassante salita nel Gran Bosco che porta al Col Blegier mi pare ogni anno più ripida.
Ma a parte queste considerazioni, rimane il dato di fatto oggettivo: quanto è bello ed emozionante questo percorso! Lo si scopre pian piano, quando gli ultimi larici lasciano il posto ai grandi spazi aperti e alle larghe vedute: le tremende temperature di luglio hanno letteralmente bruciato la vegetazione, cosicché sembra di essere in pieno autunno con tutti i prati ormai ingialliti. Come cambiano le stagioni, e come cambia anche il turismo da queste parti: oggi, complice la chiusura della strada al traffico, è un continuo viavai di cicloturisti e biker. Forse non tutto è perduto, il movimento dei faticatori sovvertirà il mondo.
Con questi pensieri in mente ed il sorriso sulle labbra percorro la polverosa e storica strada che corre verso il Sestriere, godendomi il panorama e la brezza frescolina (a dire il vero più che brezza è vento, fa quasi freddo): in cima al Genevris (dove è fissata la Cima Coppi simbolica del giorno) riesco anche a stupire un’anziana coppia di turisti che mi vedono buttarmi a rotta di collo sul ripido sentiero che scende verso il Colle di Costa Piana tagliando i tornanti della strada “normale”.
Col Basset: da qui si plana in discesa verso il Sestriere? Tornanti o single trail? Ovviamente la scelta 2, divertente e senza particolari difficoltà, che mi deposita qualche tornante a valle giusto all’imbocco del sentiero Bordin.
E spendiamola qualche parola su questo sentiero, che è davvero bello e rilassante. Corre in prevalente falsopiano, largo ed amichevole, lungo le pendici del monte Fraiteve: nonostante le brutture e gli scempi edilizi anche il Sestriere da quassù sembra quasi bello.
E al suo termine, dopo una lunga cavalcata su strade sterrate che intersecano le piste di Sansicario, eccoci arrivare ad Autagne: un borgo dimenticato, destinato all’oblio.
Poche baite miseramente in rovina, una bella cappelletta invece linda ed ordinata: al suo fianco l’ultima chicca di giornata, il sentiero che mi riporterà a Jovenceaux con una estenuante serie di saliscendi.
Ma tutto è così bello e piacevole che anche la fatica sembra scomparire: dopo 6 ore sono di nuovo alla base, nemmeno poi così stanco. Una bella e rilassante giornata di bici.
Testo e foto di Fabrizio Godio