Sui suoi canali social, Andrea Tiberi ha riportato la sua esperienza ai recenti Campionati Italiani di ciclocross di Schio, che riportiamo integralmente di seguito.
Ero lì in partenza, a Schio; avevo l’89, anche se eravamo solo in 42, non so perché, in ogni caso ero chiamato per ultimo. Penso di non essere mai partito ultimo in una gara ma in quel momento ero quasi divertito; li ho sentiti tutti i miei anni di gare in quel momento.. in senso buono, perché mai come in questa occasione ero così calmo, tranquillo e pronto a godermi la gara. Esatto, “godermi”.
Tutti quelli cui negli ultimi tempi dicevo di voler correre l’italiano cross, pensavano che scherzassi. E chi alla fine ci credeva poi, mi chiedeva: ma perché??
Era semplicemente la mia ultima occasione da professionista di saltar su una bici da cross con un numero appiccicato in testa. Non avevo mai corso una gara di cross mentre nell’ultimo anno invece ho pedalato un sacco sulla gravel e mi era venuta voglia di provare, fare l’esperienza.
E’ l’anno delle esperienze, ve l’ho detto e certe esperienze le voglio fare da professionista, perché dopo non sarà più la stessa cosa; l’approccio in altre mie ipotetiche partecipazioni in gare di qualsiasi genere, dopo, sarà tutt’altro.
E poi avevo bisogno di capire cose.
Una parte del mio futuro mi vedrà probabilmente impegnato come tecnico e c’è poco da fare, aver avuto un’esperienza in prima persona, in un qualche ambito, fa la differenza. Mi riferisco chiaramente al rapporto ciclocross/mtb, relativi benefici e gestione del tutto. Quindi diciamo che stavo anche studiando.
Non ho la presunzione di dire che dopo una gara so tutto del cross, però un bel po’ di cose mi sono decisamente più chiare e il percorso dell’italiano, nelle condizioni in cui era, sembrava fatto apposta per questa mia partecipazione con scopo ludico/stagistico. Era tecnico il giusto ed era scivoloso il giusto.
Scivoloso il giusto vuol dire non sentire mai il grip completo delle gomme sul terreno; vuol dire dover trovare, ogni pochi secondi, l’equilibrio e il bilanciamento per affrontare una nuova curva o un rilancio o superare un ostacolo. La gara di cross è caotica, è continuo adattamento.
La bici da cross perdona poco, il margine è di pochi millimetri, che sono quelli che i piccoli tubolari possono assorbire, tutto il resto è a carico della sensibilità del pilota. Ci vuole un’enorme sensibilità e precisione per guidare una bici da cross sul bagnato e una condizione così propedeutica a migliorare la sensibilità, in mtb mi è capitata di trovarla in rare occasioni.
E poi l’agilità che ci vuole per scendere e salire, su e giù dalla bici, di continuo… e anche in quel caso dover ritrovare in una frazione di secondo equilibrio e stabilità.
E infatti, il primo giro di prova del sabato, mi sono sentito un po’ inadeguato, inizialmente; poi, girando, ho iniziato ad apprendere un pochino e capire come gestire il tutto in modo dignitoso. Ma mi è parso chiaro fin da subito come la chiave del gioco fosse di accelerare – frenare – trovare il bilanciamento in curva – chiudere la curva – rilanciare nel più breve tempo possibile. E chiaramente la velocità vera, oltre ad essere data dalla fase di accelerazione e rilancio, è anche molto condizionata dalla velocità con cui trovi il bilanciamento. Prima lo trovi, prima esci, prima rilanci. Moltiplicato per decine e decine di volte ad ogni giro. Fa la differenza.
E’ un sistema un po’ simile a come funziona il nostro ginocchio: quando (giù dalla bici) eseguiamo un arresto, un cambio di direzione, atterriamo da un salto o facciamo un qualsiasi movimento che preveda un passaggio da scarico a carico sul nostro ginocchio, la nostra capacità di ripartire e impartire la contrazione muscolare è direttamente correlata con la velocità con cui il nostro ginocchio trova stabilità dopo che lo mettiamo sotto carico; e finché non sente quella stabilità, il nostro ginocchio non ci permette di contrarre i muscoli per ripartire con la spinta. E’ un sistema di “protezione” perché ovviamente una spinta eseguita senza stabilità potrebbe essere dannosa per la struttura articolare e allo stesso modo, noi rischieremmo di cadere se rilanciassimo la bici senza aver trovato il bilanciamento nella percorrenza di curva.
Tutto questo parlare di ginocchia solo per introdurre il fatto che un mese esatto prima di questa gara mi sono dovuto operare per regolarizzare un menisco che con l’usura di tanti anni di lavoro e un paio di botte quest’anno, si era lesionato e iniziava a darmi fastidio.
E’ stata una cosa abbastanza veloce ma un pochino comunque mi ha rallentato, ho iniziato ad allenarmi a pieno ritmo solo per Natale, non molto tempo per preparare questa gara.
Devo anche fare una confessione: non saltavo gli ostacoli in gara e chiedo scusa al mondo della mountain bike per non aver rappresentato degnamente la categoria, in particolare il mio amico “Fagiano” che ci teneva, purtroppo però non mi ero minimamente preparato su questo elemento tecnico per il motivo di cui sopra e in gara avrei solo rischiato di compromettere l’unica bici che avevo. In prova mi ero lanciato, senza mai averne provato uno e diciamo che non l’avevo chiuso con sufficiente scioltezza; tutto questo, pure, per dire che gli elementi tecnici vanno allenati; non è questione di essere fenomeni o meno a guidare, c’è indubbiamente una predisposizione di base ma dopo è l’allenamento specifico, sul mezzo specifico, che permette di fare proprie certe capacità. Non ci sono scuse.
Lo sforzo del cross non è paragonabile a quello dell’xc, comunque; molto meno profondo ed intenso. Meno muscolare. Ma per questo è molto integrabile in una preparazione per la mountain ed è un gran lavoro di adattamento neuromuscolare.
Alla fine, col fatto che c’era il sole, ho trovato solo lati positivi a questo ciclocross, probabilmente se avesse piovuto sarei qui a scrivervi l’esatto opposto J. Scherzi a parte, se avessi fatto un po’ di cross nella mia carriera, sarei stato un biker migliore. Più completo soprattutto su certi tipi di gare e certe condizioni.
Purtroppo quando io ero giovane, il cross era evitato quasi come la peste dai team di mtb e ne sono cresciuto alla larga ma ammetto che dal correre nelle vere condizioni invernali non ho mai tratto molta ispirazione; avrei avuto bisogno di una spinta e invece era l’esatto opposto.
Se siete giovani biker e avete in mente di fare i professionisti, magari fatecelo un pensiero finché potete, che poi dopo vi passa la voglia di iniziare; fino a quando poi arrivate all’ultimo anno di carriera e vi accorgete che vi manca qualcosa. Vi manca di averci provato.
Alla fine comunque con un po’ di esperienza sono riuscito a trovare un passo gara dignitoso e ho risalito un bel po’ del gruppo da cui ero partito in fondo. Ci ho preso gusto e giro dopo giro, andavo sempre meglio, più scorrevole più pulito; poi a un certo punto comunque, davanti a me c’era un buco troppo grande da quello davanti e non avevo più possibilità di guadagnare posizioni; però ho continuato a darci dentro, menare, rilanciare e non mollare e forse qualcuno da fuori mi avrà anche preso un po’ per matto. La verità è che in quegli ultimi giri di questa prima gara, ho iniziato a realizzare che sono iniziati gli “ultimi giri” della mia carriera e dentro di me pensavo “cazzo ma a me sta roba piace ancora troppo, mi mancherà, tra un po’ di tempo questa sensazione e allora sai cosa ti dico, goditeli fino in fondo, questi giri, dacci dentro fin che ce n’è”.
Alla fine, è stata una buona idea correre l’italiano cross; è stato bello, il primo giro.
Siamo a Lanzarote adesso, oggi inizierà la stagione di mountainbike con una Stage race di quattro giorni.