La giornata comincia con la salita al Col Chavannes.
Si ritorna con piacere a pedalare da queste parti, anche se i ricordi della salita sono un po’ offuscati dagli anni e così – complici anche il gran caldo e la mia bici non proprio leggera – mi ritrovo a sbuffare come una locomotiva lungo le dure rampe asfaltate che portano a Porassey, all’imbocco del vallone di Chavannes.
Le cose migliorano risalendo il lungo traverso in ombra (sono le 8 del mattino…) che si inoltra nel vallone: non c’è una nuvola in cielo, e già mi immagino lo spettacolo che mi aspetta al colle. Il fondo della strada peggiora nel tratto centrale, dove le pendenze si rifanno feroci, e mi ritrovo a pedalare a velocità ridicole: ci deve essere qualcosa che non va! In realtà so quello che non va, a 50 anni non posso pretendere di essere in forma dopo che due giorni fa mi sono sparato quasi 2000 metri di dislivello, però ancora non ne sono persuaso e mi illudo di essere quello che ero vent’anni fa!!
A parte queste elucubrazioni filosofiche, proseguo mio malgrado. Ricordo che l’ultimo tratto era piuttosto facile, ed è così in effetti. Guadagno così l’ampia sella del Col Chavannes.
Qualche chiacchiera con i pochi turisti presenti (manco a dirlo francesi…) dopodiché la giornata prosegue con la salita al Mont Fortin che ai tempi mi era ancora sconosciuta: si ripercorre a ritroso un breve tratto sino ad incontrare una palina con le indicazioni.
La prima rampa non ciclabile non deve trarre in inganno: pochi metri e si è di nuovo in sella lungo un esaltante single trail che taglia a mezza costa costeggiando svariati laghetti, purtroppo in questa stagione ormai esausti.
Sempre in sella si giunge sotto alle rovine del forte, ormai ben visibile: l’ultima rampa è decisamente troppo ripida per essere pedalata, ma si tratta di pochi minuti di portage prima di giungere in vetta al Mont Fortin q 2758…
Qui la veduta sull’intero versante italiano del Bianco è ancora più grandiosa, gli occhi non sanno più dove guardare: la caldissima giornata mi invita ad una lunga sosta, visto che ormai ho rinunciato al progetto originale di discesa lungo il vallone dello Youla!
La discesa è divertentissima nel primo tratto: si può seguire la traccia di salita, oppure molto più divertente scendere in libertà i mai ripidi pendii e valloncelli che portano in breve alle baite di Chavannes: numerose sono le tracce di passaggio, ed è freeride allo stato puro!
Il resto della discesa, guadagnato lo sterrato, è senza storia e in un lampo sono di ritorno a La Thuile in cerca di refrigerio viste le temperature tropicali…
Testo e foto di Fabrizio Godio