Nel 1984 Tom Ritchey, tra i nomi storici della mountain bike, è stato il primo ad adottare la tecnologia, già in voga nelle coperture da strada, per la progettazione di gomme pensate per la mountain bike, introducendo alcuni concetti nuovi come l’analisi dell’usura del battistrada, valori di TPI più elevati e mescole più conformi ad un utilizzo in fuoristrada. L’attuale gamma di coperture prevede diverse proposte, tra cui la Trail Bite da noi testata.
Ritchey propone con la Trail Bite un disegno del battistrada realizzato con la tecnologia VFA (Vector Force Analysis), un approccio che si basa sull’osservazione del modo in cui le gomme si consumano per poter identificarne i punti più critici.
Un battistrada caratterizzato da tasselli non molto ravvicinati in modo da garantire una buona autopulizia. Quelli centrali sono leggermente più bassi per garantire un buon livello di scorrevolezza mentre quelli laterali sono invece di dimensioni più generose. Tra fila centrale e file laterali sono poi posizionati ulteriori tasselli a favore di una transizione più stabile in fase di inclinazione della gomma.
La versione WCS in test è ovviamente tubeless ready e presenta una doppia mescola e una carcassa da 120 TPI, quindi particolarmente morbida, con l’aggiunta di un rivestimento di rinforzo per il tallone. E’ disponibile, inoltre, anche una versione Comp da 30 TPI.
Il peso medio da noi rilevato tra le due coperture in test è stato di 774 grammi. La Trail Bite è disponibile nei diametri ruota da 27.5″ e 29″, nel primo caso anche nella sezione da 2.4″, ed è in vendita al prezzo di € 79,99.
Info: eu.ritcheylogic.com
Il montaggio non ha riservato particolari sorprese, come del resto ormai avviene quasi sempre con le più moderne coperture. La carcassa è molto morbida ed ha consentito una rapida installazione, inoltre nonostante questa caratteristica non si è poi rivelata porosa dopo aver inserito il liquido sigillante ed aver portato la gomma alla pressione di esercizio, visto che non abbiamo constatato alcuna perdita di pressione già dal primo gonfiaggio.
Nonostante i tasselli non siano molto ravvicinati, sui fondi più scorrevoli la Trail Bite denota una bassa resistenza al rotolamento, complice probabilmente il profilo ribassato dei tasselli centrali ma secondo noi grazie anche al loro particolare disegno. Ma è sui fondi mediamente sconnessi che le gomme trovano la loro massima espressione. In questi contesti mantengono un’ottima aderenza oltre che un’elevata prevedibilità nei cambi di direzione, dove riescono a mantenere la traiettoria impostata anche all’aumentare della velocità.
Laddove il fondo comincia a diventare molto inconsistente la Trail Bite ci ha sorpreso positivamente, visto che ci aspettavamo un comportamento più da gomma XC che da trailride. Ancora una volta il battistrada sembra condurre il mezzo senza troppe incertezze e anche in presenza di bagnato le coperture riescono a giocarsela ancora bene, grazie all’ottima capacità autopulente, sebbene in questi contesti la frenata risente un po’ del profilo ribassato dei tasselli centrali.
Tutto sommato ci aspettavamo dalla Trail Bite un responso più a livello di una gomma da cross country, in realtà invece ci ha fatto spesso sconfinare in un ambito di utilizzo più ampio senza mai privarci della sicurezza necessaria a farci continuare a divertire. Il livello di usura si è mantenuto, infine, nella media consentendoci così di apprezzare le doti di queste coperture per un utilizzo dall’XC al trailride.